Andiamo ad esaminare gli interventi. Cercherò di essere
breve, ma non troppo.
Il primo a parlare è
Padre Francesco Compagnoni
Assistente ecclesiastico nazionale del MASCI, il movimento degli scout adulti
che però è slegato dall'Agesci (l'associazione chiamata in causa
nell'articolo). Dal suo intervento si capisce chiaramente la sua posizione..
Il religioso inizia sottolineando la netta differenza tra
omosessualità e pedofilia (e viva iddio) e invitando gli omosessuali a
praticare la castità, richiesta legittima da parte di un rappresentante della
chiesa verso i suoi fedeli, anche eterosessuali, non sposati. Tra i
quali dovrebbero rientrare i capi scout cosiddetti cattolici.
Purtroppo poco dopo scivola sul gradino degli stereotipi
sui gay “ il capo omosessuale ha un
vantaggio rispetto agli altri
capi: in linea generale ha tendenze artistiche, è molto sensibile, è
dotato per le relazioni
personali. Spesso una persona omosessuale nei rapporti affettivi ha un
vantaggio rispetto agli altri
capi che faticano a comunicare con i ragazzi.”
Ma non si ferma qui. Tornando
all'argomento principale, cioè la possibilità per un omosessuale di essere
anche capo ed educatore afferma: “Il capo trasmette dei modelli e i capi che
praticano
l’omosessualità, o che la
presentano come una possibilità positiva dell’orientamento sessuale,
costituiscono un problema educativo.”
e poi rincara la dose. Pur riconoscendoil valore di ogni insividuo, afferma che
non tutti i comportamenti hanno uguale dignità umana ne
lo stesso valore morale: “la tolleranza va insegnata ai
ragazzi, ma prima di tutto va insegnata ai capi, la distinzione tra il giudizio
sui comportamenti e quello sulle persone. Non tutti i comportamenti hanno lo
stesso valore e la stessa dignità umana ma tutte le persone lo hanno.”
Nell'ultimo punto del suo intervento vorrebbe tirare le
conclusioni sull'argomento, ma lascia molti sottintesi e molti non detti. Però
certe affermazioni restano chiare e limpide.
È ora il turno della prof.
Manuela Tomisich, psicologa e
psicoterapeuta, nonché docente all'università Cattolica di Milano. Nessuna
esperienza nello scoutismo, se non delle consulenze.
La docente inizia soffermandosi
sulla questione della differenza di “gender”, perché “giustamente si
riprendeva l’idea che l’essere uomini e donne in maniera diversamente
declinata, ha che fare con i modi che in un determinato contesto sociale culturale storico sono elicitabili.”(elicitare v. tr. . – In psicologia, riferito a
comportamenti o condotte, stimolarli, ottenerli mediante domande o altri
stimoli). In pratica essere donna o uomo nel 2012 è molto differente da quello
che voleva dire essere donna o uomo solo dieci anni fa.
Essere uomo o donna,
continua, è una scelta, ed è una scelta il modo di vivere questa
rappresentazione sociale: “l'identità non è una cosa data una volta per
tutte, ma trova nel periodo adolescenziale forse il suo momento più critico e
poi la sua costruzione dura tutta la vita.”. Si sta parlando ancora di
identità generale, non nello specifico dell'identità o orientamento sessuale.
La dottoressa poi si dilunga
sulla questione concludendo con una riflessione sulla scelta: “ogni scelta in qualche modo
ci porta a dover avere a che fare con degli elementi che dicono cosa è
importante davvero per ciascuno di noi, quali sono i nostri valori, qual è la
nostra gerarchia rispetto a essi. Oggi uno dei comportamenti che sta emergendo
negli adolescenti è quello dell’astensione dalla scelta: ci sono, infatti,
molti adolescenti che di fatto si astengono dalla scelta”.
E ricollegandosi al tema aggiunge “In
questo senso scegliere è sempre faticoso e doloroso tuttavia ma è anche bello
perché è l’azione che consente a ciascuno di essere unico e rappresentativo di sé e della propria
specificità. Questo discorso e i vari elementi che abbiamo esaminato, ci
portano a dire che proprio in quest’ottica il tema dell’omosessualità è un tema
molto complesso (…) Dal punto di vista psichico l’omosessualità è un'identità
che richiede un percorso faticoso di
esposizione e di quel che
viene definito di “coming out”, cioè della capacità di esporsi con se
stessi e con gli altri. È su
questo punto che il tema diviene un tema sociale dove si pongono non
indifferenti problemi.
Esporsi vuol dire scegliere i
modi di essere,di esprimersi, di porsi con gli altri e tutto questo
ha a che fare con il grande
tema dell’educazione alla sessualità.(...)
È quindi importante la
consapevolezza da parte di un adulto di vivere gli impulsi sessuali e
collocarli all’interno di una precisa cultura, e in una determinata epoca
storica (la nostra) con le attese complesse che vengono da un contesto sociale
molto articolato. Allora questa costruzione
di identità per la persona
omosessuale è una costruzione estremamente faticosa che purtroppo
nel momento del “coming-out”
viene fuori spesso ponendosi “contro” e
non dicendo della propria fatica a costruire la propria identità.”.
In conclusione la docente non
si sbilancia sulla possibilità o meno per un capo omosessuale di continuare a
svolgere il suo servizio, ma dà ai capi presenti degli spunti di riflessione
sulla questione, lasciando (giustamente) a loro la possibilità di fare le
proprie valutazioni con una maggior conoscenza.
Parla per ultimo il dr. Dario Contardo Seghi
psicologo e psicoterapeuta, capo scout
per circa dieci anni in ogni branca e poi capo gruppo per altri sei.
Il suo discorso è ben sintetizzato nella sua premessa che
ricopio pari-pari: “ Il nostro obiettivo non
è quello di capire il più
possibile sull’omosessualità: ci sono moltissimi libri e il tema è troppo
complesso. Vogliamo capire
alcune cose però in modo chiaro. Il mio intervento sarà costruito su
tre passaggi: inizialmente
parlerò dal mio punto di vista, per quello che io ho potuto cogliere, dello
sviluppo psicologico in riferimento allo sviluppo dell’identità sessuale.
In un secondo tempo farò un
collegamento fra il percorso di sviluppo psicologico e il percorso
scout, per sottolineare certe
analogie.
Infine tratterò i criteri per
la verifica dell’educatore scout. Questa ultima parte la tratto perché se è
vero che non dobbiamo tornare a casa con delle risposte, per noi il problema di
fondo però è quello di capire se e in che modo sia possibile per una persona
che vive la condizione dell’omosessualità fare servizio educativo.”
Facendo scorrere velocemente
il nastro mi soffermo su una sua affermazione che in quanto capo ed educatore
non posso che condividere:
“A partire dagli anni ’70 gli psicologi
americani hanno diffuso l’idea che se noi non trasferiamo valori ai bambini
essi diventeranno degli adulti liberi. Questo assunto ha prodotto disastri
educativi: se su quella lavagna non scrivono i genitori e non vengono
trasferiti modelli
sicuri e chiari di
testimonianza, non di parole, allora c’è la confusione, perché su quella
lavagna
scrivono tutti. Quindi il
bambino diventa insicuro, incapace di fare scelte perché timoroso di
tutto, con il problema di una
costante ricerca di modelli che lo porta a identificarsi con chiunque
e con qualsiasi cosa. Educare
significa scegliere e proporre.”
Il discorso poi continua e il
relatore afferma tranquillamente che “Tutti
noi abbiamo bisogno di
vivere una relazione
omo-affettiva, senza la quale non possiamo arrivare a una eterosessualità.”
e che anzi una mancanza di questa può portare allo svilupparsi di una tendenza
omosessuale.
La questione in realtà si
declina in maniera differente per i maschietti e le femminucce, ma non è questo
che ci interessa ora...quindi salterò a piè pari tutta la parte sullo sviluppo
dell'infante e sul complesso di Edipo
“Non è un’ideologia che noi
seguiamo” continua poi dopo la lezioncina “ma solo i bisogni dei
ragazzi (...) e solo a quelli rispondiamo con quell'intenzionalità educativa che
ogni capo dovrebbe avere.”. “E fra le attenzioni educative che dobbiamo avere,
è fondamentale il tener conto della paura dell’omosessualità nell’età del
reparto. Questo elemento va trattato e non ignorato”.
Ben venga quindi il parlarne mi
verrebbe da pensare.
Poco prima di concludere
condivide con gli ascoltatori il suo pensiero: “direi che l’identità
maschile e femminile sono plastiche e hanno bisogno anche di essere orientate e
aiutate.
Da ciò deriva che le tendenze
o le spinte sessuali intime dei capi secondo me non sono criteri di selezione.
In primo luogo perché non si possono cogliere e secondariamente perché possiamo
avere un capo con tendenze
omosessuali bravissimo e capace, e uno eterosessuale con limiti tali per cui la
comunità capi deve porsi il problema se sia corretto affidargli l’educazione dei
ragazzi.”.
Valutiamo quindi il capo (sia
etero che omosessuale) per come fa il capo e non per quello che è nella sua
vita intima e privata.
Collegato al tema, ma valido
anche per tutti i capi, si sofferma poi su un pericolo maggiore: la mania di
protagonismo del capo, declinato nel caso di capi omosessuali, nell'opportunità
o meno di di fare un coming out pubblico. “Questa situazione può non essere opportuna
in riferimento al percorso di crescita dei ragazzi.” afferma, “come non
è opportuno pubblicizzare con essi la propria adesione ad un partito politico”.
Dopo alcune domande dei
presenti conclude con quest'affermazione, estremamente opposta a quanto detto
dai giornalisti.
“Noi”,
e dei tre credo sia l'unico a potersi permettere di parlare a nome dell'Agesci,
“non squalifichiamo nessuno come
persona e non giudichiamo un
orientamento ma cerchiamo
di far comprendere alle
persone di una comunità capi che si trovano a vivere la condizione
dell’omosessualità, quale sia
la scelta più opportuna, scelta a cui anche loro stesse potranno arrivare con
una certa chiarezza. Scelta che potrà essere di rimanere o non rimanere a
seconda
dell’opportunità, ma in
maniera libera e serena.”
L'agesci quindi, con il suo
UNICO rappresentante non dichiara di voler negare ai capi omosessuali la
possibilità di svolgere servizio nell'associazione, ma lancia delle
provocazioni e degli spunti che risultano spendibili su qualunque problematica
possa risultare contrastante la cosiddetta “normalità” di un capo. Tra l'altro,
anche fosse, gli atti del convegno non hanno alcuna valenza normativa.
L'unica cosa (e poi concludo)
che ancora infastidisce me ed alti capi come me, è che da parte dei vertici
dell'associazione non ci sia stata un'immediata e chiara risposta all'articolo
in questione.
Ma qualcosa, a tutti i livelli
si sta muovendo, e ben vengano queste riflessioni e questi scontri, se vissuti
in maniera costruttiva.