lunedì 29 luglio 2013

PAPA E GAY: QUESTIONE DI STILE

C'era d'aspettarselo. D'altronde piove.
Ma sarebbe stata meno inattesa una grandinata.

E invece arriva questo. "Chi sono io per giudicare un gay?"
Sette parole (visto il numero, ci sarà lo zampino della Cabala oppure di Viviana) che spiazzano, dal momento che non sono uscite dalla bocca di uno a caso, ma del Papa.
Sì, quel Papa che tanto aveva fatto tremare al momento della sua elezione date le sue precedenti dichiarazioni. Ma tant’è che questo è quello che è successo.

La cronaca del fatto.
Tornando a parlare della tanto famigerata lobby gay in Vaticano, che aveva suscitato scompensi e timori tra le toghe rosse dei cardinali, ci si aspettava chissà quale bufera. E invece, un serafico Francesco I se ne esce con: “La lobby gay non va bene, perché non vanno bene le lobby […] credo che si debba distinguere il fatto che è gay dal fatto che fa lobby ”. Ed ecco il primo sussulto.

In arrivo anche il secondo, perché il discorso, tenuto ai giornalisti in volo da Rio a Roma, continua così: “Se uno è gay e cerca il Signore, chi sono io per giudicarlo? Non si devono discriminare o emarginare queste persone, lo dice anche il Catechismo”. Eh già, lo dice anche il Catechismo. O meglio il Papa ci ricorda che per il Catechismo della Chiesa cattolica l'orientamento omosessuale non è peccato ma gli atti omosessuali sì. Vabè, dettagli.

E poi chiude con una frase un po’ sibillina: “Il problema per la Chiesa non è la tendenza. Sono fratelli. Quando uno si trova perso così va aiutato, e si deve distinguere se è una persona per bene”. Mmmm, quel “tendenza” e quel “si trova perso” come prudono. Però vabè, l’importante è lo sguardo d’insieme, che pare pure soddisfacente. O quanto meno un po’ meglio di tanto altro che si sente in giro.

Insomma, il caro Bergoglio sembra aver portato a casa il risultato. 
Un risultato da analizzare senza fare della facile demagogia.
 
Ascoltando Anna Paola Concia qualche spunto viene. Si parla di ammissione di umiltà: a fronte di giudizi affibbiati al mondo lgbtqi tutti giorni, che lui punti proprio sul fatto di non poter giudicare fa riflettere molto. E allontanandosi da troppo facili speranze e stupide illusioni, è normale, come dice la Concia, non potersi aspettare che il Papa sarà mai favorevole ai matrimoni omosessuali.
Fermo restando che Francesco I di sicuro è al corrente del momento delicato in cui la politica italiana si trova per quanto riguarda la discussione della legge contro l’omofobia e la transfobia.

Anche il punto di visto di Alessandro Zan, deputato Sel ed esponente movimento gay non è male: "Forse per la prima volta da un Papa vengono parole non apertamente omofobe che contrastano anche una certa facile omofobia che spesso si appella ai valori cattolici. Siamo di fronte a un cambio di rotta del Vaticano sui gay? C’è da dubitarne, ma intanto queste affermazioni del Papa vanno lette con attenzione perché pur essendo ancora lontane dai diritti, rappresentano comunque un fatto nuovo". Eh, perché no?

Certo, è ovvio. I dubbi, quelli restano. Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia, ha sostenuto: “Le parole pronunciate da Papa Francesco sono dal punto di vista dello stile molto importanti, dopo tanti insulti ricevuti dalla gerarchia cattolica, da molte strutture ecclesiali. Papa Francesco rimanda alla morale cattolica in vigore, che nulla concede alla condizione omosessuale quando è felice e praticata. Insomma niente di nuovo sotto l’ombra del Cupolone, se non un cambiamento di stile, che in questo caso non è per ora sostanza”.

L'eterno scontro tra ottimismo e pessimismo.

Non sarà molto, ma chi si accontenta gode. Dicono.


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