martedì 29 aprile 2014

#iocimettolafaccia: ILARIA FACCI

Shakespeare diceva: "È tutta colpa della luna, quando si avvicina troppo alla terra fa impazzire tutti".
Per Ilaria, la luna, è stata una donna. Ma poi ne è arrivata un'altra, che invece aveva l'aspetto del sole, che ha riportato la luce nella sua vita. 


Mi chiamo Ilaria.
Chi sono io? Fino a sei mesi fa ero ben sicura di ciò che ero: una trentenne, etero, che lavorava nella moda. Abitavo a Milano.
Una ragazza 'normale', anche se non mi sono mai soffermata troppo su questa parola. Ogni tanto qualche ombra sulla testa, ma nulla di che, mi dicevo, vai avanti, Ilaria. Vivevo la mia vita per niente semplice. E per niente complessa.
Ma poi è apparsa Francesca.
E mi sono innamorata come non mai. 'Che importa se è una donna? E' lei. Lei è i miei occhi'. Impazzivo di gioia. E d'improvviso, il crollo.
D'un tratto ho iniziato a piangere, senza capirne il perché, e senza più smettere; mi sentivo persa. Nuda. Vuota.
La disperazione ha iniziato a mangiarmi dentro, fino a rendermi cieca. Improvvisi, affioravano i ricordi dal passato. Doveva essere colpa sua, di Francesca, o della violenza subita da adolescente, o di mio padre inesistente. Doveva essere di uno di loro la colpa di questo dolore inspiegabile, apparso nel momento più felice. Vedevo la mia vita come un vortice di forze che mi schiacciava. Il mondo si divertiva a soffocarmi. Ed ho continuato così, per mesi. Sola, ormai incapace di reagire; senza sapere contro chi stessi lottando, ma già sconfitta. Mia madre, preoccupatissima, mi obbligò ad andare da lei, a Londra. Senza alcun miglioramento ripetevo così lì le mie giornate, in pianti inutili e continui. 
Ed è stato dal silenzio, che è apparsa Sabina.
Lei era un contatto di lavoro su Londra; mi chiedeva di prenderci un caffè. Mi sono trascinata fuori di casa con l'entusiasmo di un bimbo che, dopo le vacanze, torna a scuola.
Ma sono andata a quell'appuntamento.
Ed in un solitario Starbucks lei mi ha parlato del Buddismo (di Nichiren Daishonin) e dell'Associazione Soka Gakkai. Diffidente, ma curiosa, mi sono avvicinata lentamente alla pratica buddista. 
E grazie ad essa, col tempo, ho finalmente capito: la mia battaglia non era altro che contro me stessa. Ed ho ricordato gli infiniti segnali che la vita mi aveva mandato, da sempre.
Ho visto.
Io sono lesbica. E sono libera.
Finalmente libera dai giudizi di me stessa, su me stessa. 
Chi sono io? Una persona che sta imparando ad amare. E solo questo importa.


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