martedì 6 novembre 2012

YES, WE NEED HIM

Mentre negli USA le urne hanno ufficialmente aperto, sono sempre più numerosi i personaggi pubblici e le testate giornalistiche che si schierano, con appelli dell'ultimo minuto, a favore di uno o dell'altro candidato.

Noi di Meladailabrianza non abbiamo bisogno di grandi comunicati per dirvi da che parte stiamo, piuttosto ci piacerebbe osservare come i diritti LGBTQ sono o non sono stati affrontati nelle ultime due campagne elettorali e perché.

The Advocate, rivista americana considerata la Bibbia della comunità gay, ha dichiarato che: “dopo essere stati protagonisti delle contese elettorali di quattro anni fa, che contrapposero Obama a McCain, ora i gay e le loro tematiche sono quasi completamente scomparsi dalla campagna presidenziale americana”

In effetti, mentre il tema dei diritti gay è in primo piano solo nei quattro Stati in cui si voterà l'apposito referendum per ampliare il diritto al matrimonio, in tutti e tre i dibattiti pre-elettorali nessuno dei due candidati sembra aver ritenuto opportuno accennare alle questioni LGBTQ.

“Il silenzio sui gay oggi evidentemente vale oro, dopo anni di bigottismo in cui i diritti degli omosessuali venivano strumentalizzati sia dai democratici che dai repubblicani” ha scritto Jonathan Capehart sulle pagine del Washington Post. Non dimentichiamoci poi che sono stati in molti a sostenere modo lapidario che saranno i temi dell'economia, dell'occupazione e della riforma sanitaria a decidere la corsa alla Presidenza quest anno!

La crisi economica mette in ginocchio l'america e preoccuparsi d'altro sembra quasi un'offesa ai 18 milioni di disoccupati, ma non è solo questo il motivo del silenzio.
Obama, a dirla tutta la sua parte l'ha fatta, visto che i messaggi sono già stati ampiamente lanciati con la scelta di schierarsi a favore dei matrimoni gay e diffusi attraverso una campagna di comunicazione con spot e ospitate (recentemente anche su MTV) per intercettare l'elettorato giovane e gay-friendly.
Più interessante e controversa è invece la scelta dei repubblicani che, fino a quattro anni fa, utilizzavano la tematica gay per esasperare il conflitto mentre ora, con Romney, è esplicito il desiderio di non fare delle questioni LGBTQ una linea d'attacco della propria campagna. (Che questi repubblicani abbiano ormai perso lo smalto?)
Colpire i gay quattro anni fa pagava perché risvegliava l'America profonda, gli evangelici, i mormoni, facendo leva su tutti quei valori che erano più centrali nella società americana quando la crisi economica non mordeva ancora. Oggi è meglio tacere ed evitare di sollevare polveroni scomodi, soprattutto dopo che molti politici e sostenitori repubblicani si sono schierati a favore dei diritti omosessuali, dando anche il loro voto in quegli stati dove è stato approvato il matrimonio per tutti.

A quanto pare in quattro anni di Obama, qualcosa negli Stati Uniti è cambiato davvero. Le tematiche LGBTQ non sono più un tema da Lobby democratiche, ma sono entrate nella quotidianità di tutti. Prima si parlava dei gay, delle lesbiche, dei transessuali, come personaggi dei film, delle sitcom, e quando si parlava dei loro diritti sembrava di trattare qualcosa di ideologico e virtuale. Oggi invece, è come se ci si fosse resi un po' più conto dell'umanità di queste persone e della concretezza della necessità dei loro diritti.

Di grandi passi ce ne sono ancora da fare e quindi non possiamo che augurarci altri quattro anni di Obama, con la speranza che il processo in atto prosegua e che magari espatri, arrivando anche qui, dove di umanità ne abbiamo davvero bisogno.


Claudia

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