In genere si inizia
con le presentazioni, giusto?
Allora mi presento, io sono Giulia.
Ma non è di
me che voglio parlare. Voglio parlare di Luca, Camilla, Caterina, Rosaria,
Simone, Simona, Silvia, Marcello, Ciro, Roberta e molti altri. Voglio parlare
di chi condivide con me quest'avventura chiamata WAND.
Cos'è il WAND? Il
collettivo LGBTQIA della città di Benevento.
Il nome è un acronimo che sta per
We Are Not Different. Noi non siamo diversi. Che poi a guardarci bene, siamo
tutti così diversi l'uno dall'altro. Il più piccolo di noi ha diciassette anni,
il più grande venticinque. Ognuno ha una storia diversa, c'è chi va a scuola e
chi lavora, chi studia all'università. C'è chi fuma, e l'altro vicino a lui
agita la mano con la faccia schifata dalla puzza della sigaretta. Ed è questo
il punto, siamo tutti diversi e quindi nessuno è veramente diverso dagli altri.
Però se vedo bene c'è una cosa che ci accomuna. La vedo ogni sabato pomeriggio,
durante le nostre riunioni fatte in una stanza di un capannone con il tetto di
amianto e un freddo che d'inverno fa stare tutti incollati a un'unica stufa
elettrica. La vedo negli occhi dei miei compagni d'avventura, nei loro sorrisi,
a volte anche nella loro rabbia, ed è la voglia di cambiare le cose. Cambiare
le cose in una città come la nostra. Benevento. Una città dell'entroterra
campano, una città di provincia, una città di sessantamila abitanti, un paese
ingrandito insomma. Una città in cui due ragazzi vengono cacciati dalla villa
comunale per essersi scambiati un bacio perché "ci sono i bambini",
in cui la maggior parte dei discorsi riguardanti l'omosessualità inizia con
"non ho nulla contro i gay, ma...", in cui le signore perbene, con il
sorriso a mezza bocca animato dalla voglia di pettegolezzo si chiedono se il
figlio di quella loro amica è gay.
E forse è proprio questo che ci spinge ad
andare avanti, il fatto che sia una sfida.
Una sfida contro l'ipocrisia, contro
il bigottismo.
È questo che ci ha portati a invitare persone in vista della
comunità LGBT a tenere incontri e dibattiti nella nostra città, è questo che ci
ha spinti ad andare nelle scuole a parlare di omofobia, a scendere in piazza
con flash mob e manifestazioni. Per raccontare, raccontare una realtà che è
fatta di molti colori diversi e dire che non si possono tenere nascosti i
colori solo perché qualcuno ha deciso che tutto dev'essere grigio.
Perciò
abbiamo realizzato anche due cortometraggi, "Fuori dall'armadio" e
"Questo è Luca", in cui parliamo del coming out. Perché crediamo che
la visibilità giochi un ruolo fondamentale nel cambiamento ed è proprio per
questo che noi continuiamo a metterci la faccia e continuiamo ad andare avanti
tra sigarette, idee, incazzature, risate, e anche un bel po' di soddisfazioni,
puntando sempre più in alto e cercando di portare addirittura un pride tra
queste strade.
Ecco, mentre scrivevo, mi sono resa conto di un'altra cosa che
ci accomuna, oltre alla voglia di cambiare le cose: la consapevolezza che le
cose possono cambiare veramente, anche in una città di provincia come la
nostra.
Del resto, come cantava Pino Daniele "Nun è overo, nun è semp' o
stesso, tutt'e juorne pó cagnà", e allora noi sudiamo e combattiamo per
prenderci quella libertà che un giorno questa terra ci darà.