giovedì 6 marzo 2014

#iocimettolafaccia: SILVIA FRAU


La seconda storia di #iocimettolafaccia. 

Già la seconda.
Solo la seconda.


Cominciamo con le presentazioni. Chi sei? Quanti anni hai? Cosa fai nella vita?
Mi chiamo Silvia e ho 26 anni. Convivo da due anni e mezzo con la mia fidanzata Stefania a Milano, ma da pochi giorni ci siamo trasferite momentaneamente a Napoli per il suo lavoro, portando con noi anche i nostri due cani e una new entry felina. Negli ultimi anni mi sono occupata di animazione e di organizzazione di eventi prevalentemente lgbt, sia a Milano che in tutto il Nord Italia, ed oggi che l'ho seguita per amore, mi dedico ai quattro esami che mi mancano per la Laurea in Interpretariato e Traduzione.

Ora, per conoscersi meglio.
Dove sei nata e cresciuta? 
Com'è stata la tua adolescenza?
Sono nata a Cagliari da padre sardo e madre veneta e, quando avevo otto anni, la mia famiglia si è spostata in provincia di Treviso. Di solito racconto che la mia vita può dividersi quasi nettamente in tre parti: la Sardegna, il Veneto e poi Milano, dove sono approdata subito dopo il diploma. A Treviso non mi sono mai trovata troppo bene: ho avuto un'adolescenza travagliata, in cui non trovavo pace e in cui forse non mi sono mai sentita troppo compresa e accettata. Milano per me ha rappresentato la libertà, la possibilità di decidere chi essere e come vivere e la scoperta di una sicurezza in me stessa che non sapevo di avere.

E ora che sei grande, com'è la vita? E come la riempi?
Oggi sono una persona completamente diversa, pacata e felice. Ho realizzato uno dei miei più grandi sogni: quello di avere una famiglia mia e di vivere circondata dai miei adorati animali. Lavorare nei locali, paradossalmente, mi ha insegnato, o forse solo ricordato, quali sono gli affetti davvero importanti e che cosa è davvero fondamentale nella vita. Le mie giornate, oggi, sono fatte di piccole attenzioni quotidiane, di manicaretti preparati per Ste, di bigliettini d'amore lasciati in giro, di film sul divano, di passeggiate al mare con i cani, di fusa della gatta e, ogni tanto, di viaggi in cui riempirsi gli occhi di bellezza.

Quando è stato e (soprattutto) qual è stato il tuo coming out più importante?
Tutti i coming out, nella vita di una persona omosessuale, sono ricordi che rimangono indelebili, sia per l'ansia e la paura di non essere accettati che si provano prima, sia per il sollievo e il senso di liberazione che si provano in seguito, comunque vada. Per quanto mi riguarda, però, nessun coming out è stato più importante di quello che ho fatto con me stessa. E non mi riferisco al giorno in cui ho avuto la prima storia con una ragazza, ma a quello in cui, superando lo strato di omofobia interiorizzata di cui ognuno, inconsapevolmente, è vittima, ho finalmente fatto pace con questa consapevolezza e ho avuto il coraggio di dire a me stessa: "Tu ami una donna e questo non fa di te nient'altro che una donna che sa amare".

Meladailabrianza dice sempre che “Per ottenere diritti, bisogna avere visibilità; per avere visibilità, bisogna metterci la faccia”. Tu che significato dai al “metterci la faccia”?
"Metterci la faccia", per me, significa essere onesti tutti i giorni: con sé stessi, con la propria famiglia, anche con la signora che si incrocia sull'autobus. Essere trasparenti e, al contempo, ricordarsi che ognuna delle azioni che compiamo ha ripercussioni sugli altri e, spesso, anche sull'intera comunità lgbt, che ha bisogno di esempi puliti e positivi.

Un episodio in cui ci hai “messo la faccia”?
Non sono una fan dei coming out classici. Parlo della persona che mi aspetta a casa come farebbe chiunque altro e, nel tempo, ho capito che questo evita che si crei un muro di imbarazzo o che, peggio, si pensi che in qualche modo io mi senta "diversa" o debba essere trattata diversamente. Sono esattamente come gli altri e, esattamente come farebbero gli altri, a volte parlo della mia compagna dopo aver dimostrato agli altri chi sono. Così ho fatto all'università, ad esempio, o con le amiche volontarie dell'Associazione animalista di cui faccio parte. Per me "metterci la faccia" è esattamente questo.

Un augurio o auspicio da lasciare a chi ci legge…
Stefania ed io contiamo di sposarci all'estero nell'arco del prossimo anno ma, come sapete, questo matrimonio non avrà valore in Italia. Sono incalcolabili le circostanze in cui una coppia gay convivente si trova a dover gestire fraintendimenti, disagi, cavilli burocratici o non riesce ad accedere ad alcuni servizi nel nostro Paese. L'augurio è che presto si giunga a comprendere anche in Italia quanto sia stupido vietare alle coppie come la nostra la possibilità di regolarizzare la loro situazione e quanto sia urgente la questione dei diritti civili. Sono del parere che debba essere lo Stato a dare un segnale forte, che risulterebbe fondamentale anche per far cessare l'orrore dei delitti e delle violenze legati all'omofobia.


Questa di Silvia è  la seconda storia arrivata per #iocimettolafaccia.
Continuate a scriverci all'indirizzo meladailabrianza@gmail.com. 

Perchè queste sono le facce di chi vuole cambiare il mondo.


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