giovedì 20 marzo 2014

#iocimettolafaccia: MARINELLA ZETTI

Questo è l'incontro con una donna, che ne ha viste tante.
Una donna da cui imparare e che ha da insegnare molto. E a molti.
E che si ispira a Martin Luther King ...


Cominciamo con le presentazioni. 
Chi sei? Quanti anni hai? Cosa fai nella vita?

Mi chiamo Marinella, avrò 62 anni il prossimo 5 aprile, sono una donna felicemente “coniugata” da quasi 16 anni con Flaminia. E fin qui è semplice, più complesso è rispondere alla terza domanda: cosa fai nella vita.  Molto sinteticamente cerco di sopravvivere, come penso molte altre persone in questo periodo. In realtà sono giornalista free-lance e faccio mille cose in ambito comunicazione, alcune per vivere o per sopravvivere, altre in totale volontariato. Ad esempio nel  2010 con Flaminia abbiamo dato vita a PianetaQueer, testata online rivolta principalmente alla comunità Lgbtqi, ma a vocazione Etero-Friendly con l’orgoglioso obiettivo di dar vita a un luogo di scambio, tra notizie e opinioni, tra fatti che accadono e proposte di soluzioni. E dal 2003 editiamo LeggereOnlineNews, un portale/rivista online che vuole  dare un contributo alla diffusione di cultura proponendo interviste, recensioni e news, e in questo modo cercando di presentare opinioni “fuori dal coro” ovvero raccogliere e riproporre al pubblico del Web le idee e i pareri delle persone comuni, dando a chiunque la libertà di parlare dei libri che ha amato.

Ora, per conoscersi meglio. Dove sei nata e cresciuta? Come ‘è stata la tua adolescenza?
Sono nata e cresciuta a Milano con la nebbia e le suggestioni del Naviglio Grande. La mia adolescenza è stata all’insegna della “ribellione”. Non mi sono mai adeguata alle mode del momento e/o  al pensiero uniformato, ho sempre cercato di capire e poi di sperimentare in prima persona le cose che accadono, i fatti come le idee. Ho avuto la fortuna di avere alle elementari un’insegnante “illuminata” che ci ha educati a studiare in gruppo,  che ci parlava della “diversità” come di una ricchezza e ci spronava  a superare il pregiudizio per vedere e andare oltre la superficie e la prevenzione. Così, io non ho fatto altro che mettere in pratica i suoi insegnamenti quando, ad esempio, ho deciso di lasciare l’oratorio: mi ero accorta dell’ipocrisia che dominava ogni azione ed evento in quel luogo, e la gestione che ne faceva il clero, una gestione a dir poco strumentale; inoltre, nonostante mi impegnassi, da una parte non riuscivo a trovare dentro me la “fede” e dall'altra non riscontravo nei fatti quello che era dichiaravano a parole durante le prediche domenicali o i ritiri spirituali.
Il mio animo “ribelle” rifiutava tutti i fondamentalismi sia religiosi che politici. Per questo non riuscivo ad avvicinarmi a partiti o a movimenti che avevano nel loro DNA un’ideologia di evidente derivazione autoritaria, quelle forme politiche che poi sfociano nelle dittature, di destra o di sinistra. Per me, anche se ero solo un’adolescente, c’era una cosa preziosa e alla quale non potevo assolutamente rinunciare:  la libertà di pensiero; così mi avvicinai a un gruppo di anarchici “nonviolenti” (quelli che scrissero sui muri delle nostre università  “La fantasia al potere”)  e con loro iniziai le mie battaglie per i diritti civili: di quel periodo ricordo le lunghe e articolate discussioni e le gran botte che prendevo dalla polizia quando facevamo i sit-in con i simboli della pace. E poi ci fu l’incontro con Giuseppe Pinelli, sua moglie Licia e Pietro Valpreda… e sì io facevo parte proprio del Gruppo Scaldasole, quello che all'inizio fu accusato delle bombe a Piazza Fontana. E se non finii arrestata o fermata, come tutte le persone che ne facevano parte, fu solo per un caso: da qualche mese ero in Francia, studiavo a Parigi, alla Sorbona. E da allora non ho mai smesso di battermi per i diritti della persona, senza categorie o sperequazioni.E ora che sei grande, com'è la vita? E come la riempi?
Anche adesso che sono “grande” continuo ad essere una “ribelle” e continuo quindi a indignarmi per tutte le ingiustizie che vengono commesse ai danni dei più deboli. La vita è bella nonostante alcune persone facciano di tutto per renderla difficile e disperante. Lavoro a parte, nella mia vita c’è molto spazio per la lettura, per la musica, per i film … e per l’amore. Ho scoperto solo in età adulta quanto è stimolante e arricchente condividere tutto con la persona che si ama. Io lo faccio da circa 16 anni e continuerò fino alla fine. Vorrei anche sposare Flaminia ma questo in Italia non mi è possibile. Non ho intenzione di emigrare, quindi attenderò con pazienza che in un guizzo di civiltà anche il nostro Paese si adegui alle leggi europee.Quando è stato e (soprattutto) qual è stato il tuo coming out più importante?Nella mia vita non ci sono stati i classici coming out.  Non ho mai fatto proclami ma ho sempre vissuto in modo palese le mie storie, ho sempre risposto alle domande e non mi sono mai vergognata di dichiarare le mie scelte sessuali. Il mio motto è sempre stato: se ti do fastidio, è un tuo problema e di certo non è mio. Agli amici non ho avuto bisogno di dire nulla, lo hanno sempre saputo, proprio perché vivevo liberamente la mia affettività/sessualità,  senza nascondermi. Anche con i miei genitori non ho mai fatto il classico coming out, ma, al tempo stesso non mi sono mai nascosta. E poi ero in prima linea nel Partito Radicale nelle battaglie per i diritti civili… diciamo che il coming out è stato sul campo. Nel nostro gruppo c’erano etero, gay, lesbiche, bisessualli…. Insomma persone che si confrontavano in quanto tali sulle varie tematiche che devono essere affrontate in una società civile.Meladailabrianza dice sempre che “Per ottenere diritti, bisogna avere visibilità; per avere visibilità, bisogna metterci la faccia”. Tu che significato dai al “metterci la faccia”?
Lo faccio da quando ero adolescente, in ogni battaglia che ho combattuto per i diritti ci ho messo la faccia. Anche quando facevo volontariato in ambito Aids ci mettevo la faccia. Molte persone hanno anche pensato che io fossi sieropositiva, semplicemente perché partecipavo a dibattiti per spiegare cosa significava la discriminazione e come la si poteva superare. Per me “metterci la faccia” significa esporsi in prima persona affinché un diritto non venga calpestato o affinché venga riconosciuto. E non importa se sei omosessuale, vecchio, etero, transgender, carcerato, migrante o … donna abusata da chi dice di amarti. “Metterci la faccia” significa essere al fianco di tutte quelle persone perché se calpesti il loro diritto tu calpesti anche me.Un episodio in cui ci hai “messo la faccia”.Ci sono tanti episodi in cui “ci ho messo la faccia” sia nelle battaglie in ambito Lgbtqi che in altre situazioni. Non starò a raccontarvi di tutte le volte che ho sentito lo sguardo colmo di odio o di giudizio negativo quando camminavo mano nella mano con la mia compagna o di quando, a un banchetto di informazione contro l’omofobia o per i diritti delle persone Lgbtqi,  arrivavano i soliti fondamentalisti con l’intenzione di buttare per aria tutto e magari dare anche una ripassata ai “tavolinari”… E spesso passavano ai fatti! Ma l’episodio che ricordo per la rabbia incontenibile che mi generò è stato al Carcere di San Vittore di Milano. In quegli anni facevo gruppi di auto-aiuto con i detenuti e le persone transessuali per cercare di tamponare la forte discriminazione a cui venivano sottoposte le persone sieropositive. Ogni mese si teneva una riunione alla quale partecipavano i volontari, alcuni rappresentati di detenute/i e il personale che operava all’interno della casa circondariale. Nel corso della riunione, nel suo intervento uno degli psichiatri in forza al carcere di San Vittore affermò che le persone omosessuali e transessuali erano malate e quindi come tali andavano trattate. Ecco io mi alzai e ci “misi la faccia” rispondendo che come persona lesbica non mi ritenevo malata e che mi meravigliavo che tale affermazioni venissero da uno psichiatra che sarebbe dovuto intervenire per facilitare la vita di “tali persone”, invece, di  peggiorare la loro situazione. Il mio intervento provocò un silenzio tombale, io continuavo a restare in piedi e fissavo lo psichiatra, alla fine questi si scusò dicendo che si era “espresso male”.Un augurio o auspicio da lasciare a chi ci legge …Il mio augurio è forse un po’ scontato, ma auguro alle persone che ci leggono di non incontrare mai ignoranti e fondamentalisti, esseri che agiscono solo in base ai loro ai pregiudizi, e che proprio per questo neppure ragionano più. Nel caso capitasse loro di incontrarli, però,  io li incito a non abbassare lo sguardo, a non demordere né a rinunciare a se stessi e ai propri principi, al contrario io li esorto di fissarli dritto negli occhi. Il mio sogno è che un giorno non ci sia più bisogno di fare campagne di sensibilizzazione né di “metterci la faccia” e, come ci ha dimostrato Martin Luther King, avere un sogno è già camminare per la sua realizzazione.

3 commenti:

  1. Grazie Marinella della tua bella testimonianza di impegno verso gli "altri"

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  2. Che in questo mondo, che mi sembra sempre più marcio e purulento, vi siano persone vive, generose, coraggiose, altruiste e libere come Marinella e Flaminia non può che scaldarmi il cuore e darmi un filo di speranza per quest'orrida umanità che ci circonda.

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