sabato 6 giugno 2015

#iocimettolafaccia: WAND, We Are Not Different

In genere si inizia con le presentazioni, giusto? 
Allora mi presento, io sono Giulia. 
Ma non è di me che voglio parlare. Voglio parlare di Luca, Camilla, Caterina, Rosaria, Simone, Simona, Silvia, Marcello, Ciro, Roberta e molti altri. Voglio parlare di chi condivide con me quest'avventura chiamata WAND
Cos'è il WAND? Il collettivo LGBTQIA della città di Benevento.

Il nome è un acronimo che sta per We Are Not Different. Noi non siamo diversi. Che poi a guardarci bene, siamo tutti così diversi l'uno dall'altro. Il più piccolo di noi ha diciassette anni, il più grande venticinque. Ognuno ha una storia diversa, c'è chi va a scuola e chi lavora, chi studia all'università. C'è chi fuma, e l'altro vicino a lui agita la mano con la faccia schifata dalla puzza della sigaretta. Ed è questo il punto, siamo tutti diversi e quindi nessuno è veramente diverso dagli altri. 
Però se vedo bene c'è una cosa che ci accomuna. La vedo ogni sabato pomeriggio, durante le nostre riunioni fatte in una stanza di un capannone con il tetto di amianto e un freddo che d'inverno fa stare tutti incollati a un'unica stufa elettrica. La vedo negli occhi dei miei compagni d'avventura, nei loro sorrisi, a volte anche nella loro rabbia, ed è la voglia di cambiare le cose. Cambiare le cose in una città come la nostra. Benevento. Una città dell'entroterra campano, una città di provincia, una città di sessantamila abitanti, un paese ingrandito insomma. Una città in cui due ragazzi vengono cacciati dalla villa comunale per essersi scambiati un bacio perché "ci sono i bambini", in cui la maggior parte dei discorsi riguardanti l'omosessualità inizia con "non ho nulla contro i gay, ma...", in cui le signore perbene, con il sorriso a mezza bocca animato dalla voglia di pettegolezzo si chiedono se il figlio di quella loro amica è gay. 

E forse è proprio questo che ci spinge ad andare avanti, il fatto che sia una sfida. 
Una sfida contro l'ipocrisia, contro il bigottismo. 

È questo che ci ha portati a invitare persone in vista della comunità LGBT a tenere incontri e dibattiti nella nostra città, è questo che ci ha spinti ad andare nelle scuole a parlare di omofobia, a scendere in piazza con flash mob e manifestazioni. Per raccontare, raccontare una realtà che è fatta di molti colori diversi e dire che non si possono tenere nascosti i colori solo perché qualcuno ha deciso che tutto dev'essere grigio. 

Perciò abbiamo realizzato anche due cortometraggi, "Fuori dall'armadio" e "Questo è Luca", in cui parliamo del coming out. Perché crediamo che la visibilità giochi un ruolo fondamentale nel cambiamento ed è proprio per questo che noi continuiamo a metterci la faccia e continuiamo ad andare avanti tra sigarette, idee, incazzature, risate, e anche un bel po' di soddisfazioni, puntando sempre più in alto e cercando di portare addirittura un pride tra queste strade. 

Ecco, mentre scrivevo, mi sono resa conto di un'altra cosa che ci accomuna, oltre alla voglia di cambiare le cose: la consapevolezza che le cose possono cambiare veramente, anche in una città di provincia come la nostra. 

Del resto, come cantava Pino Daniele "Nun è overo, nun è semp' o stesso, tutt'e juorne pó cagnà", e allora noi sudiamo e combattiamo per prenderci quella libertà che un giorno questa terra ci darà.